_COME GALLI DA COMBATTIMENTO

COME GALLI DA COMBATTIMENTO

Ho visto il corpo bagnarsi di pioggia
caduta dai tetti al bordo della strada
ho visto la pelle invasa da un brivido
tremare la vita e sputarla nel cielo
(“Anima di vento”, 1996)

Non ho mai amato i concorsi musicali e per questa ragione, raramente, soprattutto in giovane età, vi ho partecipato. Quando mi è capitato di prendervi parte è sempre stata determinante la gratuità dell’iscrizione, non tanto per spilorceria, quanto perché, in fondo non ho mai pensato che quella fosse la strada più idonea per emergere. Qualcuno l’ho addirittura quasi vinto, e me lo ricorda la “coppa” artistica in terracotta con stelo quadrato, per il miglior brano inedito (“Anima di vento”) e la miglior interpretazione di un brano di Fabrizio De André (“La città vecchia”); coppa che utilizzo da anni come portacenere. Però, ironia della sorte, il premio in sé lo vinse un gruppo jazz, io mi classificai secondo con quei beffardi riconoscimenti.
C’è poi il fattore diffidenza congenita nei confronti delle competizioni a premi in ambito artistico (non che in altri campi mi entusiasmino): ho sempre pensato che l’agonismo non c’entri niente con le canzoni. Non è come nel calcio, dove vince chi segna più reti, o nel ciclismo, dove è premiato chi taglia per primo il traguardo. Nel caso delle canzoni non c’è un metro per misurare e quantificare la bellezza, le emozioni, l’originalità o cos’altro. Si potrebbe entrare in merito alla tecnica esecutiva, ma allora parleremmo di altre abilità e i cantanti li andremmo a pescare esclusivamente nei conservatori di musica. Scrivere canzoni è un processo artistico istintivo e non necessariamente accademico, come avviene per l’arte nel suo significato più ampio. Il risultato di tale processo umano conduce a forme di espressione estetica al di là degli accorgimenti tecnici e delle abilità acquisite derivanti dallo studio. L’arte ha milioni di linguaggi e di codici interpretativi, e la canzone è un prodotto creativo estremamente emozionale, quindi — entro certi parametri — soggettivo. È composta fondamentalmente di emozioni e le emozioni non possono essere votate e messe in gara l’una contro l’altra. Oltretutto, ogni individuo ha le proprie suggestioni, tutti quanti abbiamo corde differenti che vibrano sollecitate da impulsi diversificati da persona a persona.
Si dice che ognuno ha il proprio gusto ed è vero, almeno in parte, perché ogni ascoltatore ha una misura e una sensibilità diverse; per questo motivo non c’è giuria al mondo che possa rappresentare la collettività degli ascoltatori. Nonostante ciò, rimane il fatto che esistono opere stupende e sconcezze memorabili, e appellarsi alla soggettività, delle volte, è assolutamente irrilevante, se non deleterio.
Arrivato a questa età, esagerata per chi intenda essere scoperto in qualità di cantautore, e non avendo per altro in passato, mai o quasi, partecipato ai concorsi musicali, farlo oggi sarebbe masochista e ancor più irragionevole: il linguaggio, lo stile, il modo, con cui scrivo, mi esprimo e canto, sarebbero assolutamente incomprensibili per i nuovi giudici, come per i potenziali fruitori di musica. Ancora più insensato sarebbe che io cambiassi in virtù di questi fatti, che mi adattassi.
Non c’è nulla di più soggettivo di una voce, di un cantautore, di un artista, di un’opera musicale: a uno può sedurre, a un altro inorridire, a un altro ancora lasciare indifferente. La democrazia è spietata nei confronti di chi si ostina a fare un tipo di musica che non intercetta i gusti musicali diffusi, di moda e che non si presta nemmeno per i concorsi sportivo-musicali, cruenti quanto i combattimenti di galli.
Mi capita frequentemente di essere invitato a iscrivermi a quel premio o a quel contest (anglicismo detestabile), a volte dichiaratamente per “emergenti”. Rifiutando, ringrazio sempre per l’interessamento e specifico che, nonostante non sia famoso, non significa che sia alle prime armi. Sono orgogliosamente un cantautore di nicchia, un cantautore immergente, e, parafrasando il collega Oliviero Malaspina, ˊsia chiaro che la nicchia esiste per la comodità di chi non vuole o non riesce a investire su di meˋ. E sono persuaso che i concorsi musicali non siano, nel mio caso, la strada per una possibile emersione, nonostante vengano ideati — a loro dire — per offrire la ribalta alle creazioni inedite e il successo agli artisti. Sia chiaro: non sono contrario all’esistenza di questi meccanismi, ma ne sono sempre, o quasi, rimasto fuori. Non nego di essermi affidato, un paio di volte, ai prestigiosi nomi a cui i premi erano intitolati, senza intuire che la denominazione degli stessi è una trappola disegnata specificatamente per la cattura di cantautori vivi, e il nome è l’esca attrattiva. A parte qualche inutile riconoscimento, sono stato respinto oppure ho abbandonato deliberatamente la sfida per non attraversare la fase più ridicola: il numero di “mi piace” ottenuti sui social network.
In alcuni Paesi è ancora popolare il combattimento di galli, soprattutto fra gli scommettitori, che investono i propri soldi su uno dei due galli. La lotta termina quando le ferite riportate sugli uccelli galliformi fasianidi sono tali da lasciare tramortito uno dei due, quello perdente, che spesso muore per dissanguamento.
Ora, tornando ai cantautori di nicchia, quando essi raggiungono un’età superiore ai quarantacinque anni, invece di aspettare che si dissanguino lentamente, sarebbe utile che comparissero gli scommettitori, senza la pretesa che gli scrittori di canzoni, con i bargigli asportati, si azzuffino nel gallodromo.

Stringerò i denti nelle notti d’inverno
e scaccerò il gelo con un foglio di via
imparerò a imparare entrandoci dentro
benedetta libertà come buffo di vento

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