Il racconto “Borgo di rose” apre il nuovo album di Nicola Pisu

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Con questo racconto brevissimo di Laura Medda, coautrice tra l’altro di “Madre” e “Madame dei fiori”, si apre il booklet di Girotondo, album di canzoni che raccontano scenari e ritratti di solitudini emarginate.

BORGO DI ROSE
di Laura Medda

Non saprei raccontarvi come la mia luna silenziosa sia scivolata in un borgo lontano e non so per quanto tempo ho camminato prima di ritrovarmi qui intorno. Il cielo notturno riflette un cerchio fiorito che sulla terra mi appare raccolto in un nido di rose e si apre con il suo lento movimento concentrico destinato a sfiorire nell’ombra.
Alle prime ore del giorno solo un grido di rondine interrompe i pensieri e dietro il suo volo arriva una scaglia di luce che spacca l’oscurità. Così intravedo la fatica di questo aspro fiorire, tutti quei passi racchiusi perché non c’è segno di via. Adesso siedo, accanto alla mia luna ingombrante, tra le rose consumate dal veleno dell’umana miseria. Qualcuno mi dice che un poco più in là si aggira la signora dei fiori, vorrei chiederle di questo diluvio che scuote la terra e di queste radici inquiete. La sua voce richiama storie di tempi lontani e altri luoghi, storie di uomini respinti a ridosso di un borgo inventato. Richiama più forte questa pioggia di segni contrari e piange per il silenzio di chi morde la propria coscienza, di chi si è arreso alla scia degli inganni, per chi rincorre ancora una speranza negata.
La signora dei fiori tiene con sé un frammento lucente che cattura l’arcobaleno e libera le lacrime in sogni ridenti. Sta ferma a guardarmi, sono solo un bambino e non conosco il mondo né la discordia del cielo.
Sospeso sul confine di un mondo sognato, vedo un bambino come me inseguire gli stracci di una ballerina dispersi nell’aria, aspetterà che sul far della sera diventino ali.
Vorrei che la mia bolla di luce confortasse il suo sogno, rischiarandone il volo verso un cielo lontano. I miei occhi volgono indietro ad ogni passo ma in altre terre mi sveglierò da questo sogno e raccoglierò quei fiori spezzati, dischiusi alla debole luce notturna che segni la via.
Se il loro pianto potesse sciogliersi, nutrirebbe questo tempo degli uomini che si affretta a fuggirne le ombre e ogni istinto di libertà destinato a sfiorire troverebbe respiro.
Veglia, mia luna, questa terra gonfia di nidi e preghiere.
Veglia e solleva i suoi rami feriti, disperdi le tue luci notturne sulle rose del borgo.

L.M.