_ANTROPOGENESI DI UN CANTAUTORE #2

ANTROPOGENESI DI UN CANTAUTORE #2

Antropogènesi (o antropogenìa) è un sostantivo composto da antropo– e –genesi (o –genia), che in antropologia indica i processi dell’origine dell’uomo dai presunti antenati animali. Nel caso specifico, parlo dell’evoluzione, della filogenesi, che riguarda il cantautore me medesimo.
“Canzone già sentita” rappresenta un po’ il primo embrione del mio percorso di cantautore, il primo gradino della mia scala evolutiva, l’antropogenesi di quello che sono adesso.
La scrissi nel 1991, anche se la data potrebbe essere antecedente, visto che allora non usavo catalogarle. In effetti, non fu la prima in assoluto, dal momento che ne avevo composto almeno un’altra cinquantina per la formazione hard rock nella quale militavo. Però, “Canzone già sentita”, a differenza di tutte le altre precedenti, mostra una struttura e uno stile del tutto differenti, che allora acquisii certamente ascoltando compulsivamente Via Paolo Fabbri 43 di Guccini. Solo raramente l’ho eseguita in pubblico e, se mai dovessi pubblicarla ufficialmente, sarebbe senz’altro nella versione più recente, con musica invariata e testo parzialmente riscritto: “Canzone già sentita #2”, dove il numero 2 è posto per una questione di deposito Siae e diritti d’autore.
Certe canzoni anagraficamente vecchie, qualora capiti di proporle dal vivo, devo proprio leggerle, in quanto, nonostante le parti musicali siano spesso immutate e cristallizzate, i testi sono sempre revisionati per pulirli dalle ingenuità del cantautore in erba e far spazio alle perle di saggezza del cantautore adulto. Così, riaffiorano i versi primitivi e solo leggere le pagine riscritte riposte sul leggio, ausilio per me fondamentale, consentono di cantarle correttamente coi testi rivisti un quarto di secolo dopo.
È questo il caso di “Canzone già sentita #2”, per la quale tornano in mente tumultuosi i versi giovanili, con l’urgenza e la frenesia propria dei vent’anni, o del Professore. Più facile è per quelle canzoni datate i cui testi embrionali ho gettato via, per scriverne di nuovi, come nel caso di “Libertà” che è divenuta “Nineddu”, o di “Chentu canes”, la cui musica è stata strappata a “Il primo cantautore”, etc. Comunque sia, il leggio è uno dei due strumenti musicali imprescindibile per accompagnare le mie canzoni.
Rimettendo a posto le carte per far memoria capita spesso di trovare annotazioni riportate sulle vecchie canzoni, come «Testo fanciullesco, musica riciclabile», che vado a ripescare quando mi pare di avere delle cose da raccontare in versi e nemmeno una vaga melodia che mi giri in testa. Ma, tornando a “Canzone già sentita #2”, il lavoro è stato abbastanza semplice e poco invasivo, forse perché l’embrione del cantautore era effettivamente formato, come il primo abbozzo di un’idea, nonostante ancora non sapessi che tutti quelli che allora, in ambito musicale, ritenevo immortali sarebbero morti di lì a poco o già lo erano prima ancora che nascessi.
In fin dei conti, “Canzone già sentita” la scrissi a meno di vent’anni e parlavo di un passato cortissimo, mentre in “Canzone già sentita #2”, riscritta a quarantacinque anni, parlo di un passato già troppo lungo e preponderante.
Ormai molte canzoni che chiamo giovanili hanno pressappoco l’età che aveva l’autore quando le scrisse e fra un po’ di anni saranno considerabili di mezza età, come il sottoscritto. Del resto, si sa che “a vent’anni è tutto ancora intero / perché a vent’anni è tutto chi lo sa / a vent’anni si è stupidi davvero / quante balle si ha in testa a quell’età”.

Il portacenere è pieno e la bottiglia già vuotata
le ore illusorie, caduche, passeggere
e domani, ce lo diciamo, un nuovo tema si inventerà
ti penso ma non ti cerco, come quello scrittore là
ché non costa nulla sognare
è come una canzone da cantare
In fondo, tutti quelli che credevamo immortali
sarebbero caduti o lo erano dapprima
che nascessimo, che prendessimo sul serio l’esistenza
per vivere la vita, mettendocela indosso
(Canzone già sentita #2)

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