_COL CIELO TRA I PEDALI

COL CIELO TRA I PEDALI

La gente si aggrappava ciecamente a tutto quello che trovava: comunismo, macrobiotica, zen, surf, ballo, ipnotismo, terapie di gruppo, orge, ciclismo, erbe aromatiche, cattolicesimo, sollevamento pesi, viaggi, solitudine, dieta vegetariana, India, pittura, scrittura, scultura, composizione, direzione d’orchestra, campeggio, yoga, copula, gioco d’azzardo, alcool, ozio, gelato di yogurt, Beethoven, Bach, Buddha, Cristo, meditazione trascendentale, succo di carota, suicidio, vestiti fatti a mano, viaggi aerei, New York City, e poi tutte queste cose sfumavano e non restava niente. La gente doveva trovare qualcosa da fare mentre aspettava di morire. (Charles Bukowski)

La primavera non è solo una delle quattro stagioni in cui è diviso l’anno, ma anche il periodo in cui cominciano le sfide a colpi di pedali del ciclismo su strada, sport che, per la prima volta nella mia vita, mi appassiona. Mi vengono in mente quei francesi che si incazzano nella campagna che abbaia di Paolo Conte e le imprese epiche dei vari Coppi, Bartali, Merckx… In questo sport si compiono gesta eroiche, si consumano veri e propri duelli e la storia è un elemento fondamentale, imprescindibile, per i protagonisti di oggi e di domani.
Da quando è scattato il mio innamoramento, oltre che per questioni anagrafiche, pressappoco ho potuto seguire i corridori da Pantani in su: Contador, Nibali, Froome, etc.
Però, mi fa sognare la vicenda umana di Ottavio Bottecchia, anarchico, il primo ciclista italiano a vincere il Tour de France, nel 1924 e, in modo immorale, provo compassione perfino per Lance Armstrong!
A inculcarmi questo interesse e a illustrarmi regole e dinamiche è stato un caro amico, che va in bicicletta davvero, mentre con me deve accontentarsi di un drink davanti alla Milano-Sanremo o per qualche tappa di alta montagna di Giro e Tour. Così, mentre gli scalatori affrontano il Mortirolo col cielo tra i pedali, noi discorriamo di freni a disco e ventagli, col bicchiere fra le mani. Spesso scommettiamo sul vincitore per il gusto di perdere e dover offrire all’altro, come pegno, la cena e un buon vino; ma in realtà è solo un patto d’amicizia.
Mi impressionano l’enorme fatica negli arrivi in salita, i visi deformati degli scalatori, l’incoscienza dei discesisti, la caparbietà dei passisti, l’ultima parola degli sprinter e perfino il dover aspettare il gruppo per fare pipì.
Come disse qualcuno, credo che ciclismo e bicicletta siano allegorie della vita: parlano di libertà, di solidarietà, di uguaglianza, quindi, di umanità; filosofeggiando, la vita è una corsa per sfuggire dalla morte, oppure, più verosimilmente, la morte è l’unica tappa che certamente raggiungeremo.
Quando Marco Pantani scalava le montagne e scattava levandosi la bandana, quello sport non sapevo cosa fosse, ma oggi leggo muto le sue dichiarazioni: «Il ciclismo a me piace perché non è uno sport qualunque. Nel ciclismo non perde mai nessuno, tutti vincono nel loro piccolo, chi si migliora, chi ha scoperto di poter scalare una vetta in meno tempo dell’anno precedente, chi piange per essere arrivato in cima, chi ride per una battuta del suo compagno di allenamento, chi non è mai stanco, chi stringe i denti, chi non molla, chi non si perde d’animo, chi non si sente mai solo. Tutti siamo una famiglia, nessuno verrà mai dimenticato. Chi, scalando una vetta, ti saluta, anche se ti ha visto per la prima volta, ti incita, ti dice che “è finita”, di non mollare. Questo è il ciclismo, per me».
Nel 2017 scrissi “Un corridore” attingendo a piene mani dalla letteratura ciclistica, impregnata di aneddoti, mettendo in musica emozioni e fatiche che non potrei mai provare perché non sono minimamente alla mia portata. Questo per dire che, per quanto una canzone possa essere sincera e attendibile — così mi dicono —, non è detto che altrettanto sincero e attendibile sia colui che l’ha scritta.
Feci sentire il pezzo, non ancora arrangiato, a Gianni Mura, giornalista con immense competenze in materia ciclistica, che disse essere bello e delicato e, riferendosi al video che montammo per la canzone, aggiunse «Se la tua passione è recente, le immagini sono antiche. Quello sì era ciclismo. Te lo dice uno che c’era».

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