_DEL TEMPO (CHE PASSA)

DEL TEMPO (CHE PASSA)

Il tema del trascorrere del tempo, fin dalle prime canzoni, è una costante della mia scrittura, un elemento ridondante, forse a causa della mia formazione influenzata dall’opera gucciniana. Quando ne parlavo in età giovanile sembrava che questo aspetto — il trascorrere del tempo — riguardasse fondamentalmente gli altri, non il sottoscritto. Per meglio spiegare il concetto, “Canzone del tempo che passa” la scrissi all’età di ventidue anni, periodo in cui ci si sente invincibili e, per certi versi, immortali.

Quando avevo sei anni correvo a piedi nudi
per le strade di ghiaia, vetro e sterco di cane
in guerra disertavo, ero uno dei duri
con corazze d’arroganza, cuccioli nelle tane
Poi passò la carrozza coi giorni d’infanzia
li portò non so dove e s’appresta a tornare
ora su strade asfaltate, sarà come una danza
caricherà le valigie, cominceremo ad invecchiare
Mi intimorisce la morte precoce
Signora quella falce se la metta fra le cosce
[..]

In quel pezzo c’è un verso dove, in un certo senso, davo una scadenza alla mia vita, «Quando avrò sessant’anni ti aspetterò sdraiato sopra questa canzone, mi troverai preparato», poi incrementato a un numero più ragionevole pari a ottanta.
Nei primi anni del 2000 scrissi “Del tempo”, anche questa ripresa in mano negli anni seguenti: come un cassetto pieno di pagine strappate dal mio diario, racconta del bambino che sono stato, ma può riguardare tanti altri; la stagione di tutti gli uomini e donne, sorpresi dalla neve di fiori d’arancio, il mondo visto con i colori dell’anima della fanciullezza.
Man mano che passano gli anni, i ricordi me li sento sempre più addosso, per quanto alterati e imprecisi, che pretendono di farsi evocare nitidi.
Sono reminiscenze nebbiose che disegnano visi inesatti, che oggi sono adulti; oppure volti scordati negli anfratti della memoria, di chi sarebbe poi partito come fanno gli uccelli migratori. Ci sono persone che entrano nella vita di ciascuno di noi senza che lo si scelga: i compagni di scuola, per esempio. E te li ritrovi seduti nel posto accanto al tuo, carichi di quaderni e pennarelli. Qualche volta ti piacciono da subito, delle altre è difficile sopportarli. Insieme si trascorrono ore che diventano anni e intere stagioni della vita, come la giovinezza. Mutano in amicizie o antipatie, entrambi durature, pur sempre un legame stretto fra quei banchi di scuola.
Le prime amicizie, il loro carattere carsico: capita che scompaiano filtrando in profondità nel sottosuolo, per poi riaffiorare, sfociare, disgregando le vicissitudini e le incomprensioni del passato, ché trascorso un po’ di tempo risultano assolutamente ininfluenti per il corso della vita. Così, mi vien da dire che certe amicizie non moriranno mai e che, in qualche modo, ci siano sempre state, come i sistemi carsici sotterranei di passaggi comunicanti. Ma non è un fenomeno che si presenta sempre. Capita anche che le amicizie finiscano e pure in malo modo, irreversibilmente.
Ma quel passato non c’è più e, parafrasando Guccini, oramai è come quando la luce se ne sta andando ma non è ancora buio.
Un paio d’anni fa, quando uscì il Live in studio, con Carlo Murtas, amico e grafico di fiducia, parlammo di un possibile videoclip per quella canzone. Carlo, se pur più giovane di me, conosce bene il paese dove è ambientata la storia, coi suoi santi e campanili, le strade strette, i cieli rossi del tramonto, la campagna misteriosa che lo circonda, le colline incoronate con roccia lavica, il vento che annuncia il temporale, le ragnatele tra i raggi della bicicletta. Così, poco prima che venisse pubblicato Canzoni da solo, Carlo cominciò a delineare un progetto video, collezionando fotografie e sequenze, immortalando foglie, tetti di coppi, campi di grano e strade di paese. Poi, il tempo è passato e altre canzoni hanno popolato il mio immaginario, perciò quel lavoro è rimasto nel cassetto, per quanto il materiale catalogato sarà sicuramente utile per un futuro progetto con tematica simile, ossia per un’altra canzone che racconterà di quei luoghi e di quel bambino. Una mattina d’autunno, davanti a un caffè, sono saltati fuori alcuni filmati, fra i quali le riprese di “Del tempo”, mentre la eseguivo dal vivo nel RopeCave Studio di Serrenti, una sola volta, per immortalarla, così com’era venuta, in Canzoni da solo.

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