_DI QUALCHE ANNO FA

DI QUALCHE ANNO FA

Subito dopo la morte di Leonard Cohen sentii il bisogno di scrivere una canzone che fissasse il mio stato d’animo, quasi di orfano. Coincidenza volle che, mentre buttavo sul foglio i primi versi, si aprissero due mie finestre su alcuni ricordi e amicizie del periodo studentesco. Così, a canzone quasi ultimata ma ancora da limare, infilai alcuni episodi e volti dei tempi passati, amalgamando e rendendoli riconoscibili solo alla mia memoria. L’unico nome proprio che compare, Cate, è preso in prestito da Cesare Pavese.
“Di qualche anno fa” è la narrazione di alcune belle amicizie, del ritrovarsi dopo essersi persi, di un incontro dopo anni che l’uno aveva smarrito le tracce dell’altra e dell’impossibilità di riportare la relazione com’era prima.
Il ritrovamento di quel legame, avvenuto dopo oltre vent’anni di mutismo, è stato quasi confermato dal fatto che uno dei due avesse conservato una lettera scritta di pugno dall’altro, mostrandola come un trofeo o una prova del fatto che in fondo ci si era voluti bene. Fu lei a mostrarmela e a farmi notare che già allora mi sentivo insoddisfatto da una miriade di situazioni. Ero stato io a scriverle quando la separazione cominciava ad affacciarsi e non ebbi mai alcuna risposta da parte sua. Ma, un giorno di novembre di due decenni dopo lei mi rintracciò.
Parlammo e ci convincemmo entrambi che erano state le circostanze a separarci, mi raccontò della sua vita, quel pezzo che mi mancava, dell’essersene andata all’estero tagliando tutti i ponti col passato, del bisogno di evadere, della successiva rinascita, di un amore e di un figlio.
Mi sconvolse sentire tutte queste cose mentre, con la chitarra sulla coscia, imbastivo una canzone alla Cohen per fermare il momento della morte del poeta di Montréal.
Pensavo e ricostruivo episodi passati, amici e amiche mangiati dalla città, seduti in una panchina nelle notti di primavera o sdraiati sul pavimento di un appartamento per studenti, sommersi dalle cicche e con bottiglie di pessimo bourbon, che ascoltavano musica, che abbozzavano progetti per il futuro assediati dal presente, che si raccontavano di quell’esame andato male e di quell’altro che non avrebbero passato mai, di che gruppo avrebbe suonato dal vivo la notte seguente, di quel locale dove la birra costava pochissimo, di quell’amico in comune che aveva cominciato a bucarsi…
Mentre buttavo giù le strofe confondevo i volti e le storie, e adesso, a stento, riesco a riconoscerli. Era giusto qualche anno fa, quando Leonard Cohen non lo conoscevamo nemmeno di nome, quando non avevamo la più pallida idea di come sarebbe andata la vita. Poi, le nostre strade si separarono, Cohen l’avrei ascoltato sul serio e qualcosa di suo l’avrei pure tradotta, tradendola, e cantata.
È una canzone che non ho mai registrato e che ho cantato dal vivo una sola volta, che, partendo da un evento triste, la morte di Leonard Cohen, torna indietro di oltre vent’anni e scandaglia il mio passato. Sì, di qualche anno fa.

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