_POCO PRIMA DEL COPRIFUOCO

POCO PRIMA DEL COPRIFUOCO

L’economia è a pezzi, ma con l’avvicinarsi del bel tempo l’umore delle persone si fa euforico: c’è la certezza che l’epidemia sia alle spalle. Somiglia piuttosto alla depressione collettiva, comunitaria, di gregge, però si deve pur ripartire con la vita di prima. Non importa se avremmo preferito cambiarla in meglio, e d’altronde i segnali che ciò non sarebbe potuto accadere c’erano già tutti.
La cultura è un settore che ha risentito pesantemente delle chiusure. Ma cos’è la cultura?
Altri dicono che sia quello del turismo ad averci rimesso di più, poi c’è la ristorazione, i locali…
Poco importa chi abbia perso più quattrini da tutto ciò, e poco importa chi ci abbia rimesso la vita, la salute, gli affetti.
Primavera 2021: si ricomincia, comunque andrà a finire.
Si rimettono insieme i cocci, si preparano le valigie e le custodie delle chitarre.
Penso al mio vizio di gioventù, quello delle canzoni. E ora lo so bene che non basta il talento: occorrono studio, conoscenza, tecnica e opportunità. Solo così si fa un artista. Talento, studio e opportunità servono in parti uguali: 1/3 cadauno; come gin, Campari e vermut rosso nel Negroni.
Scrivere canzoni, a pensarci bene, significa esercitarsi con metodo, precisione e abnegazione all’insensatezza della vita. Scrivere canzoni non è il mio mestiere, ma lo faccio con diligenza e riesco pure a divertirmi, anche quando sono malinconiche. Nessuno mi paga per farlo e quindi sono indipendente e libero. Un’abitudine che mi accompagna fin da giovanissimo, quando abitavo in un mondo che non esiste più, quando entravo negli ormai estinti negozi di dischi, onnivoro, solo per frugare e sognare, senza la possibilità economica di poterli acquistare, per lo meno non tutti quelli che desideravo possedere.
Scrivo canzoni che mi somigliano, che portano il mio sguardo. Non sono disponibile a compromessi per il raggiungimento di obiettivi in odor di soldi, non perché sia particolarmente puro, ma perché non ne ho bisogno e non mi interessa. Per me conta solo riuscire a trasformare pensieri, emozioni e stati d’animo in parole da adagiare su una musica, ossia scrivere canzoni.
Ma torniamo a questa specie di rinascita sociale. Alcuni organizzatori di piccoli eventi provano a metter su i loro calendari di spettacoli, contattano gli artisti affamati di esibizioni. Si sfrutta l’atteggiamento di solidarietà fra artisti, organizzatori e gestori di spazi. Nascono programmi e spettacoli che spesso sono miserandi: ho letto di epigoni di Jim Morrison, di Rino Gaetano, dei Led Zeppelin… Certo, c’è anche qualche proposta di qualità, ma dietro queste ci sono strutture e investimenti economici seri.
Qualche comune cittadino pensa invece ai concerti in giardino o in terrazza, all’aria aperta, dove si possono osservare le prime stelle comparire poco prima del coprifuoco.
– Che dici, ci stai? Ovviamente nel rispetto delle precauzioni, posti limitati…
– Non lo so.

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