_SORPRESE DI UN BEL NAUFRAGAR

SORPRESE DI UN BEL NAUFRAGAR

“Gli occhi grigi, seminascosti dalle ciglia folte, avevano lo sguardo caratteristico di chi ha trascorso in mare buona parte della propria vita: fissano l’interlocutore, ma nello stesso tempo sembrano non perdere di vista una lontananza, un vago orizzonte, indeterminato ma sempre presente.”
(Álvaro Mutis)

Incuriosito da De André, mi approcciai al mondo letterario di Álvaro Mutis. Lo feci prima con il cinema, attraverso “Ilona arriva con la pioggia” di Cabrera, poi nel modo più congeniale, ossia leggendo le sue opere, a cominciare da quelle dedicate alle tribolazioni di Maqroll il Gabbiere.
Senza rendermene conto divenni in qualche modo passeggero di un cargo di scarso tonnellaggio, viaggiando di porto in porto in cerca di carichi occasionali da trasportare. Assistetti così alla storia del Tramp Steamer, del suo lento naufragare, intrecciata con quella del suo capitano e del suo grande amore, una ragazza libanese.
Come spesso è capitato che mi sia accaduto durante certe letture, ho dato sfogo ai miei bassi istinti da cosiddetto artista, ossia colui che sa fare delle cose, più o meno raffinate, sapendo come e dove mettere le mani. Nel mio caso, so come scrivere canzoni o, per lo meno, credo di saperlo.
Il paese dove sono nato e tuttora abito è situato in un territorio che si estende con le sue campagne dal Medio Campidano, alla Marmilla e alla Trexenta. Il mare è lontano e vicino: se ne sta lì, a meno di un’ora di automobile, in linea d’aria dista poco più di 30 km. È sempre stato presente nel mio immaginario di scrittore di canzoni, come un luogo dell’anima, come una musa, come un mito. Spesso è proprio l’elemento mare il vero protagonista dei miei racconti, come in una piccolissima Odissea da strimpellare con la chitarra, che delle volte conduce alla salvezza e delle altre al naufragio. In effetti, a ben pensarci sono un marinaio senza mare e un montanaro senza montagne, un uomo di pianura, che lì ha stabilito il suo habitat, sapendo che tutto attorno c’è il mare a lambirne le coste e i monti a guardarla dall’alto.
Nacque così “Via di scampo”, scritta che non ero più un ragazzino, avevo 37 anni. Allora, ritenni quel testo come una delle mie migliori prove di scrittura, anche se quei versi portavano l’impronta determinante di Mutis. Il risultato delle registrazioni che facemmo per includere la canzone nel mio secondo album discografico non mi soddisfò e così quella canzone divenne solo una felicità intravista, che appariva irrinunciabile, ma alla cui delusione ben presto mi rassegnai.
Anni dopo, per una strana coincidenza, incrociai Martha L. Canfield, poetessa, saggista, traduttrice, critica letteraria e accademica uruguaiana naturalizzata italiana, dai primi anni 2000 docente presso l’Università di Firenze.
Martha L. Canfield è nata a Montevideo nel 1949 ed è una delle traduttrici di Álvaro Mutis.
Tentai di contattarla, in punta di piedi, per porre alla sua attenzione “Via di scampo”, avendo lei una grande conoscenza dell’opera di Mutis per via del suo prezioso lavoro di traduzione e critica dello scrittore colombiano.
Non sapevo cosa volessi ottenere (conferme? elogi? critiche?), né se lei mi avrebbe mai risposto. Mi affascinava l’idea, solo quella, che potesse manifestarsi una sorpresa. In fondo, parafrasando lo stesso Mutis, bisogna sempre essere pronti alle sorprese, perché si tratta di cose iniziate molto tempo prima.
Una sorpresa è stata certamente la notizia che Federico Sirianni sta lavorando a un concept album ispirato all’opera di Mutis e ai naufragi di Maqroll il Gabbiere.

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