_PUNTI E VIRGOLA E ALTRI SOGNI DI GIOVENTÙ

PUNTI E VIRGOLA E ALTRI SOGNI DI GIOVENTÙ

Il primo spazio web riservato alle mie canzoni lo realizzò un caro amico con passioni informatiche, alla fine del secolo scorso o nei primissimi anni duemila.
Il progetto musicale del periodo era quello dei Suoni e Rumori Popolari, gruppo a volte numeroso, a volte ridotto all’osso, dietro il quale si nascondeva il cantautore.
Il menu di navigazione riportava pochi titoli: PRESENTAZIONI, A DE ANDRÉ, CANZONI, MP3 e CONTATTI.
Sulla pagina principale, corredati da una foto di una Cagliari dell’inizio del ‘900, vista dal porto, erano riportati dei versi che solo molti anni dopo, quando Cappai vi cucì una musica, divennero canzone, tuttora inedita:

Qui siamo a un soffio dal tempo / a un passo da ogni momento / dove l’erba s’inchina al vento / e ogni bestia bisbiglia un canto / Con piume rosa e gambe sottili / planiamo sopra i moli / per riposare le nostre ali / poi voliamo su tutti i mari

Fra gli MP3, oltre ai relativi file, la cui importanza allora ignoravo, vi erano alcune descrizioni sintetiche che illustravano le quattro canzoni liberamente scaricabili.
“Ali per Alice”: la canzone è tratta da un racconto-poesia di una bambina di nome Alice, i cui genitori sono morti entrambi di AIDS; ho conosciuto la sua storia grazie ad un ragazzo dell’associazione Addepos che mi ha dato qualche opuscolo informativo e il bellissimo libro dal quale ho preso in prestito alcune frasi per buttarci sopra due accordi.
“Piedi di terra”: dopo aver letto “Il mare”, un racconto di Giulio Angioni, mi è venuta voglia di scrivere la storia di un pastore sardo terrorizzato dalla forza del mare, che se ne sta assorto a guardarlo dal declivio di un monte.
“Il professore”: risale al ’94 e racconta di un uomo appassionato di storia greca, con il vizio del bere e quello della solitudine; questi tre elementi miscelati assieme lo portano a vivere una realtà fittizia, l’unica che quest’ingiusta società gli permette di scegliersi.
“Gli amori sbagliati”: è una canzone che parla di quelle passioni che ogni tanto ci travolgono, che poi improvvisamente affievoliscono e si spengono del tutto, lasciandoci dentro un grande vuoto; quando queste capitano a qualcuno che ha il vizio di scrivere, magari nasce una canzone, bella o brutta che sia.
Parlavo del “Professore” come di un pezzo già datato, quasi epico, ma sono fiero fondamentalmente per l’utilizzo intenso del punto e virgola, segno di interpunzione oggi purtroppo in disuso.
Nella pagina PRESENTAZIONI si poteva leggere: «Sono un ignoto cantastorie nato a Serrenti (CA) nel 1973. A tenermi compagnia durante la mia eterna vita da studente, ci sono sempre state le mie inseparabili passioni: musica, romanzi e poesie. Con la collaborazione di alcuni amici musicisti, con i quali ho in comune una buona dose di utopie, ho arrangiato e registrato in maniera “casalinga” alcune mie canzoni e messo su il gruppo Suoni e Rumori Popolari. I temi che prediligo sono quelli che ruotano attorno alla vita dell’Uomo: paure, passioni, solitudine, amore, odio…; i personaggi che più mi intrigano sono coloro che per propria volontà o perché costretti, vivono ai margini della società. Il gruppo SRP si è più volte sciolto, rinnovato e riunito, secondo gli umori e le convergenze e divergenze d’idee; attualmente è ridotto all’osso, un trio acustico, per potersi esibire nei locali senza troppi problemi. […]
Lo spettacolo Viaggio nella Canzone d’Autore propone brani storici di De André, Guccini, Dylan e via dicendo, riarrangiati con chitarre acustiche, classiche ed elettriche, voci e armonica, nonché canzoni mie come quelle che potete sentire nel sito.
Perché questo sito? Soprattutto per continuare a sperare che prima o poi qualche produttore folle possa interessarsi alle mie canzoni, ma anche per potermi confrontare con chi leggerà queste quattro righe; per questo motivo mi auguro di ricevere vostri pareri, critiche, insulti, e magari qualche piccolo ingaggio… Ringrazio per l’attenzione e vi saluto».
Nella pagina CANZONI c’erano tre testi: “Anima di vento”, “Bombe e fiori” e “Roghi nell’oscurità dei Balcani”. Evidentemente erano quelli che consideravo gli scritti migliori.
Nella pagina A DE ANDRÉ, oltre al testo di “Buon vento”, si poteva leggere una specie di dichiarazione di affiliazione: «Forse non ho il diritto di considerarlo un maestro, perché non ho mai avuto modo nemmeno di parlarci, ma fatto sta che con la sua musica, con le sue poesie, ho imparato a guardare il mondo secondo una prospettiva diversa, senza fermarmi alle apparenze, scavando in fondo e dentro ogni contraddizione…
Forse non si riuscirà mai, come avrebbe voluto lui, a creare una società veramente libera e rispettosa di ogni individuo, e tanto meno con le canzoni, comunque provarci costa poco, perché il sogno, l’utopia, è un bene gratuito, che chiunque può permettersi e senza del quale, personalmente, sarei perduto. Nonostante la sua assenza pesi come un macigno, Fabrizio De André vivrà per sempre nei nostri ricordi, tanto intensamente da vederlo ancora lì, con una chitarra a dare voce a chi non ce l’ha».
Qualche traccia di questa vetrina la ritrovo anche su Antiwarsongs e La Brigata Lolli.
Rileggere le note di quel primordiale sito web, a una quindicina d’anni di distanza, provoca malinconia e tenerezza: c’era già molto di ciò che sono oggi, che sarei diventato, e l’indicazione precisa di quanti sogni avrei dovuto accantonare per fare spazio alla vita reale.
Rimangono le fotografie slavate di noi e delle barche ormeggiate, le intenzioni di allora, il tempo passato, gli amori mancati, una certa fiducia nel futuro, la voglia di incidere in qualche modo sulle questioni del mondo e i punti e virgola.

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