Ho conosciuto Malaspina per vie traverse. La prima volta che lo vidi di persona doveva aprire uno degli ultimi concerti di De André a Nuoro, anni dopo lo incontrai a Cagliari. Ci scambiammo CD, o meglio io gli diedi qualcosa di mio. Poi, via mail abbiamo parlato un po’ di musica, così come quando nel 2021 mi intervistò per Satisfiction. Fu imbarazzante essere intervistato da uno dei maggiori cantautori italiani. Non troppo tempo fa mi chiese, non ricordo più per quale testata, la disponibilità per una video-intervista. Inizialmente rifiutai, poi fu lui a convincermi — segue la breve conversazione iniziale — e prendemmo accordi. Poi la salute si aggravò e rimandammo l’appuntamento, ma anche la morte, seriale com’è, posticipò di pochi anni il suo rendez-vous.
Mi è impossibile trovare parole adeguate, quindi preferisco scadere nella banalità: Malaspina è stato un grande cantautore, per lo più incompreso e snobbato dal mercato discografico.
E già mi ‘viene nostalgia dei fiori di mandorlo che volano via’.
O.M. – Mi spieghi perché dobbiamo spendere tanta fatica ed energie per concordare una chiacchierata sulla musica, io e te?
N.P. – Non ho mai avuto un buon rapporto con le interviste, soprattutto con quelle ‘in diretta’; così per le comunicazioni telefoniche, anche con gli amici, dove esprimo sempre un pacato nervosismo, imbarazzo e una strisciante dislessia. Forse dipende dal mio carattere schivo, dall’insicurezza o dal mio essere un disadattato (definizione che mi ha affibbiato un caro amico). Però, essere ospiti di Oliviero Malaspina ritengo sia un privilegio, quindi questa occasione era imperdibile! Alle mie piccole paranoie si aggiunge inoltre il sospetto, non poco fondato, di vivere in un’epoca che non mi appartiene. Sarà che sono figlio del ‘900, ma io tutta questa tecnologia, i social, gli influencer faccio fatica a digerirli. Non sono abituato e mai lo sarò alle relazioni intermittenti, ultra veloci, social. Se ci fai caso, nel periodo della quarantena sono stato uno dei pochi che non ha infestato le bacheche con collegamenti e dirette su Zoom… Citando una vignetta di Silvia Ziche, a breve occorreranno i cani guida per i portatori di smartphone.
O.M. – Sei uno sfondatore di porte aperte. Ci si sentirà a breve, ti scrivo o chiamo per stabilire giorno e ora. Buona musica.
Anziché la video intervista che non mi fece, segue un suo scritto sulla sua amicizia con Fabrizio De André e un aneddoto di Max Manfredi.
“La voce della musica” è il nuovo spazio dedicato alla canzone d’autore e indipendente, curato da Oliviero Malaspina, visibile attraverso le piattaforme Rumble e YouTube.
Non si tratta solo di avere uno spazio per fare conoscere la propria musica sfidando la censura del mercato — dice il conduttore —, ma di dare voce alla canzone d’autore nelle sue espressioni più alte e originali.
Oliviero Malaspina è cantautore, autore, scrittore, poeta, storico collaboratore di Cristiano De André e di suo padre, col quale aveva in progetto un concept album sulla notte.
OLIVIERO MALASPINA RACCONTA L’AMICIZIA CON FABRIZIO DE ANDRÉ
La mia storia, con Fabrizio, inizia, non benissimo, al Teatro Smeraldo di Milano, nel 1992. Un’ora prima del concerto, mi presento con la tesi di laurea di un amico. Lui era, come sempre, molto teso e già proiettato verso il palco. Non ha dato molta importanza alla cosa, mi ha rivolto giusto due o tre domande di rito e si è tenuto l’elaborato.
Il rapporto vero è iniziato nel 1994, dopo la scrittura di “Notti di Genova”, con Cristiano, il quale gli diede da leggere la mia raccolta di poesie Vivere davanti alla luna fredda. Mentre rientravo in auto da Milano nell’Oltrepo Pavese, mi arrivò una telefonata di Cristiano. Io pensai che ci fossero problemi con la canzone, ma lui mi disse: «Ti passo un amico». L’amico, in questione, era Fabrizio, il quale mi disse: «Scrivi molto bene. Devi essere una persona interessante e colta. Mi piacerebbe conoscerti. Puoi venire dopodomani, a casa mia, per le 15:30?». Ho sbandato, con l’auto, per l’emozione. Ci siamo visti, dopo due notti insonni e sono bastati pochi minuti, perché mi sembrasse di conoscerlo da sempre. Fin da bambino, ascoltavo Faber tramite i dischi di mia madre e mio padre, la sua voce mi trasmetteva, sempre, una grande emozione, anche se non potevo capirne il contenuto.
Dopo quell’incontro, non ci siamo più lasciati. Mi aveva fatto un contratto triennale, in esclusiva. Voleva coinvolgermi nel progetto Anime Salve, dopo la separazione da Fossati e abbiamo iniziato a pensare ai Notturni.
Avrebbe, inoltre, dovuto produrre il mio disco Benvenuti Mostri, cosa che, purtroppo, non avvenne, ma lavorò ad alcuni testi che conservo in una cassetta di sicurezza insieme ai Notturni. Avevamo in mente anche di scrivere un dizionario dell’ingiuria e un romanzo. Nel 1998, ho fatto da opener durante il suo ultimo tour e abbiamo lavorato ai Notturni fino alla sua morte, come si evince dal libro di Guido Harari Fabrizio De André. Una goccia di splendore.
Oliviero arrivava a casa di Fabrizio, alle 15, perché, prima, non c’era verso di svegliarlo. Poi, iniziava il rito dei posaceneri e del tè: ho un ricordo di Fabrizio con delle nuvole enormi sopra di noi, fumava 3 o 4 pacchetti di MS blu al giorno, dalle 15 del pomeriggio fino alle 2 o alle 3 di notte. C’era tutto fumo sopra di noi, dentro di noi.
Parlavamo anche di solenni cazzate, di donne, anche di tv, che guardavamo, a volte, la sera o mettevamo, di sottofondo, quando qualcuno veniva a trovarlo. Era molto timido, sul palco, e non faceva molte battute, ma, in privato, sì.
La Nannini lo chiamò, per invitarlo al suo compleanno. Le disse che sarebbe venuto solo se fossi andato anche io. Andò così, per sei anni. E, ogni volta, la stessa storia: io andavo, con la mia macchina, a prenderlo. Al ritorno, si convinceva che non sapessi più tornare a casa, nonostante fossimo entrambi astemi, o ex alcolisti, fate voi. Puntualmente, chiamava un taxi che doveva scortarci.
Fabrizio era un rivoluzionario. Più volte, aveva innescato un cambiamento di paradigma nella storia della canzone d’autore italiana. La prima volta, lo aveva fatto, collaborando con un gruppo rock come la PFM, la seconda con l’album in dialetto genovese Crêuza de mä e, infine, intendeva farlo con i Notturni. In questo caso, parliamo di quattro suite di 20 minuti ciascuna, con un cambio di scrittura rispetto al passato, niente rime baciate, solo assonanze, allitterazioni e rime al mezzo. Noi e i musicisti, che avrebbero dovuto comporre le musiche, avevamo tutti dei libri di riferimento. Purtroppo, a causa della sua morte, l’opera è rimasta incompiuta e inedita.
Tra l’altro, il nostro rapporto è nato nel periodo in cui si era disintossicato dall’alcool e ho conosciuto un Fabrizio sereno, lucido e deciso, con molte idee e ben chiare.
Con lui, avevo un rapporto molto libero e tranquillo, senza grandi discussioni. Mi rimproverò, una sola volta, durante il tour, perché, dopo la mia esibizione, ringraziavo, sempre, il pubblico, dicendo: «Grazie, siete molto gentili». Mi disse che quel “molto gentili” era di troppo. Mi fece notare che noi regalavamo poesia, bella musica ed emozioni al pubblico e che sarebbe stato sufficiente un grazie.
Io e Faber ci siamo frequentati, fino all’ultimo ricovero, dal momento che lui continuava a lavorare, nonostante la malattia, senza mai perdere a sua ironia. La sua fragilità si esprimeva, più che altro, nel timore del giudizio del pubblico, ma, per il resto, era una roccia. Il mio ricordo di Fabrizio è, anche per questo, indelebile. (Oliviero Malaspina)
UN ANEDDOTO DI MAX MANFREDI
Una volta andai a trovare Fabrizio a Milano.
A casa sua trovai Oliviero (che era suo amico e collaboratore, mentre io quasi non lo conoscevo, a parte la vicenda della “Fiera della Maddalena” che, lo dico a beneficio di chi lo ignorasse, volle cantare con me in un mio album).
Venne fuori, su risposta di Fabrizio, una proposta singolare ma molto interessante. L’idea di fondare, lui insieme a Guccini e Francesco De Gregori, un’etichetta che producesse giovani (allora) cantautori di valore. Etichetta che sarebbe partita con me e con Oliviero Malaspina.
Purtroppo non fu possibile. Come non fu possibile a Olly finire il suo lavoro con Fabrizio…
Però sarebbe stato, per i tempi, un bel colpo di marketing.
(Max Manfredi)