Nicola Pisu, il cantautore del campidano dall’integrità artistica
di Fulvio Tocco, 29/11/2025
Serrenti. Nicola Pisu come cantautore, è risaputo, non accetta compromessi per raggiungere il successo. E’ una figura, lasciatemelo dire, quasi “antieroica”, che richiama l’idea dell’artista autentico, disposto a rinunciare a scorciatoie pur di restare fedele alla propria visione. Con questo concetto ha fatto sempre scelte difficili: ha rifiutato contratti o opportunità che impongono cambiamenti non coerenti con la propria identità.
Tra le figure più interessanti del nostro territorio spicca quella di Nicola Pisu, uomo di ferrea coerenza e grande sensibilità. Ingegnere, ha saputo coniugare la precisione del suo lavoro tecnico con l’ispirazione musicale che lo accompagna da sempre.
La sua attività cantautorale non è semplice svago, ma un percorso autentico che racconta emozioni, esperienze e riflessioni profonde. Ogni brano diventa un tassello di un mosaico personale che merita attenzione e ascolto.
Con questa visione Nicola Pisu continua a cantare di Sardegna, lo ha fatto attraverso Giuseppe Dessì, immergendosi nel suo personaggio e nella sua cultura.
Certo, la sua scelta di non suonare più dal vivo perché, come dice, non ci sono posti adeguati all’ascolto di questo tipo di musica, a meno che tu non fai di cognome De Gregori, l’ha penalizzato.
Eppure nel 2010 ha suonato in uno spettacolo con Don Andrea Gallo, il prete angelicamente anarchico amico dei tossicodipendenti, delle transessuali e di Fabrizio De André, in un palco serrato dai Tacchi dell’Ogliastra.
Nella sua monumentale enciclopedia della musica sarda, Giacomo Serreli, a proposito del terzo album, Girotondo, scrive “Racconta i silenzi e la disperazione degli ultimi e degli oppressi con una sensibilità che è maturata dopo l’incontro con Don Gallo”.
E poi, dice sempre il nostro cantautore speciale, si diverte molto di più in uno studio di registrazione, circondato da abili musicisti. Nei suoi dischi ci sono le launeddas di Andrea Pisu, l’organetto di Vanni Masala, la fisarmonica di Alessandro Zizi, il bouzouki di Ignazio Cadeddu, il piano di Gianfranco Fedele, i mille strumenti del polistrumentista salernitano Giovanni Vicidomini, i suoi vecchi amici serrentesi; però non proseguo l’elenco per timore di scordarne qualcuno.
Da qualche tempo, ma è giusto ribadirli, mancano i camei di Alberto Cantone, Clara Murtas, Giustina Gambardella e, naturalmente, Max Manfredi, quello di cui De André disse ‘il più bravo di tutti’.
Se gli si chiede quando uscirà il prossimo disco, Nicola Pisu dice che le canzoni ci sarebbero pure, le sta rifinendo in uno studio di registrazione, ma preferisce farle uscire singole, sfuse, sparse. Questo inverno ne sentiremo alcune, sia pezzi vecchi riarrangiati, sia canzoni nuove di zecca, sia canzoni nuove ma scritte vent’anni fa. Così fanno i cantautori, anche questi del Campidano, con le pianure e le colline tutte attorno che sembrano mammelle e le nuvole di mandorla sospinte dal maestrale.
Nella nota di copertina del suo ultimo lavoro il nostro amico ha scritto: “Ho scelto di scrivere canzoni che somiglino a me, che abbiano il mio sguardo. Non sono disponibile a compromessi per il raggiungimento di obiettivi in odor di soldi (si fa per dire), non perché sia particolarmente puro, perché non ne ho bisogno e non mi interessa. Per me conta solo riuscire a trasformare storie, pensieri, sogni, ansie, disillusioni e stati d’animo in versi da adagiare su una musica, ossia scrivere canzoni. Se poi dovessero piacere a qualcuno, tanto meglio”.
Mettere in evidenza la figura di Nicola Pisu significa riconoscere il valore di chi, con dedizione e passione, arricchisce la comunità non solo con competenze professionali, ma anche con integrità morale, arte e cultura.
Fulvio Tocco
